Review Junkie https://reviewjunkie.net/ Il tuo sito di recensioni Tue, 19 Nov 2024 20:48:51 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7 https://reviewjunkie.net/wp-content/uploads/2024/11/cropped-file-r1WNzr96g85fZlsM7tsUmXAk-2-32x32.webp Review Junkie https://reviewjunkie.net/ 32 32 Deadpool & Wolverine: La recensione più divertente (e cattiva) del Web https://reviewjunkie.net/deadpool-wolverine-la-recensione-piu-divertente-e-cattiva-del-web/ https://reviewjunkie.net/deadpool-wolverine-la-recensione-piu-divertente-e-cattiva-del-web/#respond Tue, 19 Nov 2024 20:48:49 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=725 ⭐⭐ Se siete fan sfegatati di Deadpool e Wolverine, o se siete persone sensibili con un debole per i film

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Se siete fan sfegatati di Deadpool e Wolverine, o se siete persone sensibili con un debole per i film di supereroi, vi consiglio caldamente di NON leggere questa recensione. Potreste rimanere traumatizzati a vita, o peggio, potreste iniziare a dubitare della vostra sanità mentale. Detto questo, se avete voglia di farvi quattro risate (a spese di Ryan Reynolds e Hugh Jackman), accomodatevi pure e preparatevi a un viaggio nel delirio più totale.

Deadpool e Wolverine in coppia in una scena del film

Deadpool & Wolverine: Un film più brutto di Thanos dopo una settimana di campeggio selvaggio senza deodorante

Amici miei, “Deadpool & Wolverine” è un film talmente brutto da far sembrare “Thor: The Dark World” un capolavoro del cinema neorealista. È un insulto all’intelligenza, un pugno nello stomaco (e forse anche un calcio nelle parti basse) per chiunque abbia avuto la sfortuna di vederlo.

La trama, se così si può definire, è un frullatore impazzito di viaggi nel tempo, multiversi che collassano e battute che farebbero venire l’orticaria a un ippopotamo. Wade Wilson, il nostro mercenario chiacchierone preferito, si trasforma in una sorta di Marty McFly sotto acido, viaggiando nel tempo con la precisione di un ubriaco che cerca di infilare la chiave nella serratura dopo una serata al pub. Wolverine, reduce da una crisi di mezza età e da un’overdose di Viagra, sfoggia gli artigli con la stessa grinta di un bradipo in letargo. E la villain, Cassandra Nova, è talmente dimenticabile che probabilmente si è cancellata dalla memoria anche lei.

Cassandra, la cattiva del film

Parlando di superpoteri, qualcuno dica agli sceneggiatori che la capacità di scrivere dialoghi imbarazzanti NON è un dono, ma una maledizione divina. Deadpool, il re della sbruffonaggine, qui spara freddure talmente vecchie che farebbero impallidire persino le mummie egizie. Ogni volta che apre bocca, è come assistere a un gatto che cerca di suonare il pianoforte: un disastro annunciato, ma non puoi fare a meno di guardare.

Ok, devo ammettere che in mezzo a questa montagna di letame cinematografico, c’è un coprolite che brilla di luce propria: i combattimenti e gli effetti speciali non sono malaccio. Wolverine affetta i nemici come se fosse un ninja in un frullatore, Deadpool schiva proiettili con la grazia di una ballerina ubriaca… insomma, tecnicamente non ci possiamo lamentare. Peccato che anche questo unico pregio venga seppellito sotto una valanga di idiozia cosmica. Queste scene d’azione, pur essendo fatte bene, sono più vuote di un politico durante un discorso elettorale, tipo fuochi d’artificio che esplodono in una discarica abusiva. Un sacco di botti e scintille, ma alla fine rimane solo la puzza di bruciato.

Deadpool e Wolverine nella scena della macchina

Ma il vero capolavoro di trash si raggiunge con la scena in cui Deadpool e Wolverine, dopo essersi massacrati a vicenda per tutta la notte (perché, a quanto pare, il loro unico modo di comunicare è quello di trapanarsi il cranio a vicenda), si addormentano beatamente in macchina, l’uno accanto all’altro. Deadpool russa come un tricheco in calore, Wolverine sbava sul finestrino e la macchina sembra un campo di battaglia dopo un’esplosione nucleare. E, diciamocelo, anche loro sembrano annoiati a morte. Probabilmente stavano sognando di essere in un film migliore, magari uno in cui non dovevano recitare battute scritte da un criceto con la sindrome del tunnel carpale.

Ma d’altronde, cosa ci si può aspettare da un film in cui Gambit gioca a poker con la TVA e Blade fa una comparsata di tre secondi per poi sparire nel nulla? Probabilmente anche gli sceneggiatori si sono annoiati a morte durante la scrittura, e hanno deciso di inserire scene a caso nella speranza di svegliarsi dal torpore.

Insomma, “Deadpool & Wolverine” è un film che intrattiene, ma lo fa nella peggiore accezione del termine. È un’orgia di demenzialità e stupidità, un tentativo di trascinare lo spettatore al suo stesso livello di idiozia. Se proprio dovete vederlo, fatelo sotto l’effetto di potenti allucinogeni, almeno avrete una scusa per le allucinazioni che vi perseguiteranno dopo.

P.S.: Evitate di guardare questo film a stomaco pieno, a meno che non vogliate rivedere il vostro pranzo prima ancora di aver finito di digerirlo.

Consiglierei questo film a:

  • Critici cinematografici in cerca di un esaurimento nervoso.
  • Amanti del cinema trash che non si spaventano di fronte a dialoghi imbarazzanti e trame senza senso.
  • Persone che vogliono addormentarsi in fretta e non hanno a disposizione sonniferi.

Non consiglierei questo film a:

  • Fan di Deadpool e Wolverine che si aspettano un film all’altezza dei personaggi.
  • Persone con un QI superiore a quello di una patata.
  • Chiunque abbia un minimo di rispetto per il cinema.

Scena Finale Dopo i Titoli di Coda

Ok, ok, forse sono stato un po’ troppo duro con questo film. In fondo, le due ore sono passate fra una risata (forzata) e l’altra, e anche se ho storto il naso più di una volta, devo ammettere che “Deadpool & Wolverine” ha un suo fascino trash. È come un incidente d’auto: non vorresti guardarlo, ma non riesci a distogliere lo sguardo. E poi, diciamocelo, in un mondo in cui i film di supereroi si prendono sempre troppo sul serio, un po’ di demenzialità non guasta mai.

Trailer Ufficiale

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Recensione Civil War (2024): il potere delle immagini nella guerra https://reviewjunkie.net/recensione-civil-war-2024-il-potere-delle-immagini-nella-guerra/ https://reviewjunkie.net/recensione-civil-war-2024-il-potere-delle-immagini-nella-guerra/#respond Sun, 17 Nov 2024 22:30:04 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=715 ⭐⭐⭐⭐ Civil War è un film disturbante che esplora la disumanizzazione della guerra e il potere ambivalente della fotografia in

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Civil War è un film disturbante che esplora la disumanizzazione della guerra e il potere ambivalente della fotografia in un’America dilaniata da un conflitto civile. Attraverso immagini crude e una trama scarna, Alex Garland ci spinge a riflettere sulla violenza, la propaganda e il nostro ruolo di spettatori. Un film potente e autoriale, consigliato a chi cerca un cinema di riflessione che scuota le coscienze.

Viviamo sommersi dalle immagini, eppure Alex Garland, con “Civil War“, riesce a scuoterci, a turbarci, a costringerci a guardare. Ci porta in un futuro prossimo, in un’America dilaniata da una guerra civile, una ferita che sanguina nel cuore stesso della nazione. E in mezzo a questo caos, la fotografia diventa un testimone silenzioso, uno sguardo implacabile che ci mette di fronte all’orrore.

Autostrada distrutta dopo un bombardamento

Garland ci catapulta in un mondo dove i fotoreporter, con le loro macchine fotografiche al posto dei fucili, documentano la brutalità del conflitto. Le loro lenti catturano la ferocia degli scontri, il dolore dei civili, l’assurdità della violenza. Niente è edulcorato, le immagini sono crude, vivide, e ci lasciano un profondo senso di disagio. Ma la fotografia, in questo film, non è solo uno specchio. È anche un’arma, che può essere usata per manipolare, distorcere, alimentare l’odio. Garland ci mostra come le fazioni in lotta si approprino delle immagini, le pieghino ai loro scopi, trasformandole in strumenti di propaganda.

Ed in un panorama di devastazione, la fotografia resiste, come un fiore che sboccia tra le macerie. I fotoreporter, con sguardo attento e spirito indomito, vanno oltre la violenza, catturando i bagliori di umanità che ancora brillano: come un gesto di compassione, o uno sguardo di condivisione. Sono questi i momenti preziosi che fissano nei loro scatti, offrendoci un antidoto alla disumanizzazione, un raggio di luce nell’oscurità della guerra.

Lee Smith in primo piano, mentre è intenta a scattare foto dal campo di battaglia

Guerra che, ci ricorda Garland, è una macchina che distrugge le identità. I soldati, da entrambe le parti, diventano numeri, bersagli, ingranaggi di un meccanismo spietato. L’esposizione continua alla violenza li porta all’assuefazione, all’indifferenza, a un cinismo che li disumanizza. E qui sta il paradosso: la fotografia, nel suo tentativo di documentare la disumanizzazione, rischia di alimentarla. Le immagini di violenza, pur necessarie, possono anestetizzare lo spettatore, creare una distanza emotiva che porta all’indifferenza.

Civil War” è un film che ci interroga, ci spinge a riflettere sul potere delle immagini, sul nostro ruolo di spettatori. Come possiamo guardare l’orrore senza esserne contaminati? Come possiamo usare la fotografia per promuovere la pace, e non l’odio?

La fotografia, in “Civil War“, è un linguaggio. Rob Hardy, direttore della fotografia, crea un affresco visivo di straordinaria potenza. Le sue inquadrature sono precise, essenziali, prive di estetismi. Non cerca la bellezza, ma la verità, e ci immerge nel cuore del conflitto con uno stile documentaristico. La luce, i contrasti, le inquadrature dal punto di vista dei fotografi: tutto contribuisce a un’esperienza visiva indimenticabile.

Scena che testimonia la crudezza della guerra, con un reporter che fotografa una pila di cadaveri

La trama invece è scarna, quasi un pretesto. Non ci sono eroi, solo vittime e carnefici. La storia si sviluppa come un viaggio attraverso un’America devastata, un viaggio che è soprattutto interiore, alla scoperta delle reazioni umane di fronte all’orrore. Questa scelta narrativa permette al regista di concentrarsi sulla potenza delle immagini, sulla crudezza delle scene, sull’ambiguità morale dei personaggi. Ne nasce un’esperienza cinematografica intensa, disturbante, che ci spinge a elaborare le nostre riflessioni.

E poi ci sono le ambientazioni: un’America devastata, città in macerie, campi di battaglia a perdita d’occhio, una natura ferita. Le rovine delle metropoli, un tempo simboli di progresso, sono ora fantasmi del passato. Le zone rurali nascondono i segni della violenza: case abbandonate, veicoli distrutti, cadaveri insepolti. I bunker e gli accampamenti, rifugio precario dei protagonisti, trasmettono un senso di claustrofobia. E la Casa Bianca, simbolo di un potere ormai in declino, si erge come un monumento alla disgregazione. Queste ambientazioni desolate non sono solo uno sfondo, ma un elemento narrativo, un riflesso della disumanizzazione.

Civil War” è un film che non si dimentica facilmente. È un pugno nello stomaco, un grido di allarme, un invito a riflettere sulla brutalità della guerra e sulle sue conseguenze. È un film che ci chiede di guardare, di capire, di non voltarci dall’altra parte.

E forse, tra un cinepanettone e l’altro, è proprio questo il tipo di cinema di cui abbiamo bisogno: un cinema che ci scuote, che ci interroga, che ci spinge a pensare. Un cinema che, pur non essendo adatto a una visione leggera, ci apre la mente e ci ricorda la fragilità della pace, la necessità di proteggerla, di lottare per un futuro migliore.

A chi consiglierei la visione:

  • Chi ama il cinema di Alex Garland e le sue riflessioni distopiche
  • Chi è interessato al ruolo della fotografia nel documentare la realtà
  • Chi cerca un film che stimoli la riflessione sulla guerra e la violenza

A chi non consiglierei la visione:

  • Chi cerca un film d’azione o di intrattenimento leggero
  • Chi è particolarmente sensibile alle scene di violenza esplicita
  • Chi preferisce film con una trama più tradizionale

Trailer Ufficiale

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Inverso: The Peripheral – Recensione di un viaggio a metà tra realtà e simulazione https://reviewjunkie.net/inverso-the-peripheral-recensione-di-un-viaggio-a-meta-tra-realta-e-simulazione/ https://reviewjunkie.net/inverso-the-peripheral-recensione-di-un-viaggio-a-meta-tra-realta-e-simulazione/#respond Sat, 16 Nov 2024 21:09:36 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=701 ⭐⭐⭐ Un viaggio tra la placida America rurale del 2032 e la distopica Londra del 2099, un futuro plasmato dalla

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Un viaggio tra la placida America rurale del 2032 e la distopica Londra del 2099, un futuro plasmato dalla tecnologia dove il confine tra reale e virtuale si assottiglia. La serie esplora questo scontro tra epoche e le sue conseguenze sul tempo, invitando a riflettere sulla resilienza umana di fronte a un futuro incerto.

Il tempo, ah, il tempo! Eternamente in moto, un fiume inarrestabile che scolpisce il nostro destino con ogni attimo che scorre. “Inverso – The Peripheral”, la nuova gemma fantascientifica di Amazon Prime Video, ci invita a solcare le sue acque tumultuose, a esplorarne gli anfratti più reconditi e a interrogarci sui misteriosi flussi che lo governano. Ispirata all’omonimo romanzo di William Gibson, poeta del cyberpunk e oracolo di futuri possibili, la serie ci trasporta in un 2032 non così distante, dove il progresso tecnologico, pur avanzato, non ha ancora eroso l’anima dell’umanità.

In questo scenario, incontriamo Flynne Fisher, giovane donna imprigionata in un’esistenza monotona nella provincia americana, tra impieghi saltuari e la dedizione alla madre malata. Ma il destino, si sa, è un burlone imprevedibile, e per Flynne ha in serbo una svolta sorprendente. Un visore di realtà virtuale, gioiello tecnologico dalle sfumature arcane, la catapulta in una Londra del 2099, un mondo post-apocalittico dove torreggianti grattacieli sfidano un cielo plumbeo e la linea di demarcazione tra reale e virtuale si dissolve come brina al sole.

Burton in una taverna

Flynne, la nostra protagonista, non si limita a contemplare passivamente il futuro che le si svela: lo afferra, lo respira, ne diviene parte integrante. Non è più una semplice osservatrice, ma una vera e propria demiurga del tempo, un’abile tessitrice di destini che intreccia la propria storia con quella dell’umanità intera. E noi, inebriati da questo racconto, ci troviamo immersi in una vorticosa danza tra epoche, travolti da un turbine di eventi che minacciano non solo la sua vita, ma il futuro stesso della nostra specie.

Eppure, “Inverso – The Peripheral”, cari estimatori di trame complesse, non si limita a una mera disamina del tempo. Con tocchi lievi ma profondi, ci svela la tenacia dello spirito umano, la sua capacità di resistere alle avversità. Flynne, scaraventata in una realtà sconosciuta e minacciosa, non si abbandona allo sconforto. Con audacia e fierezza, affronta ogni sfida, protegge i suoi affetti e si batte per un domani migliore. E in questo suo cammino, in questa danza tra passato e futuro, la serie ci offre un’autentica lezione di speranza. Un messaggio che risuona come un’antica melodia, ricordandoci che l’umanità, pur segnata da ferite e cicatrici, ha un’innata capacità di rialzarsi e di rinascere.

La chiave, ci suggerisce la serie, risiede nella nostra adattabilità, nella saggezza che fiorisce dalle esperienze passate e nello sguardo fiducioso rivolto al futuro. Un futuro che non è un monolite immutabile, ma un arazzo in perenne divenire, tessuto con i fili delle nostre scelte e delle nostre azioni. “Inverso – The Peripheral” ci rammenta che il domani non è scolpito nella pietra, ma si modella con le decisioni che prendiamo oggi, nel presente. E che, anche di fronte alle prove più dure, la speranza e la resilienza possono essere le nostre compagne verso un futuro luminoso.

Londra nel 2099

Ciononostante, cari esploratori di mondi narrativi, persino in questo affresco futuristico si annidano alcune zone d’ombra. La trama, pur ammaliante e ricca di colpi di scena, a tratti si snoda in un dedalo di personaggi e sottotrame, perdendo in incisività e chiarezza. Alcuni personaggi, sebbene incarnati da attori di talento, rimangono figure appena accennate, prive di quella profondità che li renderebbe impressi nella memoria. E le musiche, pur armoniose, non si imprimono nella mente con la forza di una melodia evocativa, di quelle che ci rapiscono e ci trasportano nel cuore della storia.

Un ulteriore dettaglio potrebbe suscitare la curiosità degli spettatori più attenti: la singolare somiglianza tra il visore che proietta Flynne nel futuro e un dispositivo analogo descritto nel romanzo “Il problema dei tre corpi” di Cixin Liu, edito qualche anno prima. Una coincidenza? Un’ispirazione inconsapevole? Un omaggio celato? Lasciamo a voi, cari lettori, il piacere di elaborare le vostre congetture.

In definitiva, “Inverso – The Peripheral” è un’opera che stimola l’intelletto e commuove l’animo, pur non raggiungendo la perfezione assoluta. È simile a un diamante grezzo, che risplende di luce propria nonostante qualche imperfezione. Un viaggio avvincente e imperfetto, che ci spinge a meditare sul tempo, sul destino e sulla straordinaria capacità di resilienza dell’umanità.

Consigliata a:

  1. Fan di cyberpunk e fantascienza.
  2. Lettori di William Gibson.
  3. Amanti delle serie non convenzionali.

Sconsigliata a:

  1. Chi cerca trame lineari e conclusive.
  2. Chi preferisce azione e ritmo frenetico.
  3. Chi non ama le ambientazioni distopiche.

Trailer Ufficiale

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The Menu: Recensione al vetriolo di una società affamata https://reviewjunkie.net/the-menu-recensione-al-vetriolo-di-una-societa-affamata/ https://reviewjunkie.net/the-menu-recensione-al-vetriolo-di-una-societa-affamata/#respond Thu, 14 Nov 2024 21:26:42 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=685 ⭐⭐⭐⭐ “The Menu” è un thriller con Anya Taylor-Joy e Ralph Fiennes, ambientato in un ristorante esclusivo su un’isola. Un

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“The Menu” è un thriller con Anya Taylor-Joy e Ralph Fiennes, ambientato in un ristorante esclusivo su un’isola. Un gruppo di ricchi e superficiali commensali partecipa a una cena degustazione che si trasforma in un incubo, orchestrato dallo chef per vendicarsi dell’élite che ha corrotto la sua arte. Il film è una satira sociale che critica l’ossessione per il lusso e la decadenza morale, servita con un ritmo lento e un’atmosfera claustrofobica.

“The Menu” non è il solito thriller con qualche prelibatezza gourmet buttata lì per fare scena. No, qui si va più a fondo. È un film che utilizza gli elementi dell’horror e della commedia nera per cucinare una satira sociale che ti rimane sullo stomaco. Il contesto, un ristorante di alta classe su un’isola deserta, appare claustrofobico e inquietante. Il regista, Mark Mylod, ci porta a cena in questo posto, ma non aspettatevi un menu à la carte. Qui si serve solo un macabro banchetto dove ogni piatto è una metafora delle storture della nostra società.

Il film, simile a un coltello affilato, rivela le contraddizioni di una società ossessionata dall’immagine, dal trionfo e dalla ricchezza. I clienti del ristorante Hawthorn, un insieme di persone benestanti e superficiali, rappresentano varie categorie sociali che il film analizza senza pietà: l’arrogante imprenditore, la critica culinaria cinica e snob, la coppia disillusa in cerca di avventure intense, e gli speculatori senza scrupoli. Ciascuno di loro, con i propri difetti e le proprie falsità, aiuta a formare un quadro grottesco di un’élite che ha smarrito il legame con la realtà.

Attraverso le portate del menu, elaborate con un’estetica curata e una scrupolosa attenzione ai particolari, il film rivela il vuoto esistenziale che si nasconde dietro la facciata del successo. Ogni piatto, un capolavoro della cucina molecolare, simboleggia una protesta contro la superficialità, l’egoismo e la corruzione morale di una classe sociale che nutre sé stessa con illusioni. Il cibo, da simbolo di felicità e incontro, si trasforma in strumento di contestazione, un rappresentante delle ambiguità di un universo dove l’apparenza prevale sulla realtà.

Ma “The Menu” supera la mera critica al consumismo e all’ostentazione, indagando anche il ruolo dell’artista all’interno della società. Lo chef Slowik, interpretato da un eccellente Ralph Fiennes, è un individuo angustiato, un creativo che ha rinunciato alla sua arte per ottenere successo e fama. La sua cucina, inizialmente simbolo di inventiva e abilità, diventa un mezzo di vendetta nei confronti di chi, a suo avviso, ha giocato un ruolo nella corruzione del settore gastronomico. Slowik, simile a un moderno Frankenstein, realizza mostri gastronomici per vendicarsi dei suoi “creatori”, quelli che hanno convertito la sua arte in un bene di consumo.

Lo chef Slowik

Grazie ai dialoghi penetranti e alle interpretazioni coinvolgenti degli attori, “The Menu” ci spinge a considerare l’importanza dell’arte, l’essenza del cibo e il nostro ruolo personale in un contesto che frequentemente favorisce l’apparenza a discapito del contenuto. Il film ci avverte che perseguire la perfezione a ogni costo può portare alla follia, e che la vera gioia si trova nella semplicità e nell’autenticità. In questa circostanza, il cheeseburger scelto da Margot, un piatto classico e “semplice”, si trasforma in un emblema di ribellione contro la complicatezza e l’artificiosità del mondo della cucina gourmet.

Bisogna premettere che “The Menu” non è un’opera per tutti i gusti. La sua natura contemplativa e il ritmo cadenzato, volutamente disteso, potrebbero disorientare chi si attende un crescendo adrenalinico di colpi di scena. L’obiettivo del regista, infatti, non risiede tanto nell’incalzare degli eventi, quanto nella costruzione di un’atmosfera rarefatta e perturbante, che avvolge lo spettatore in una morsa claustrofobica sempre più stringente. Pur efficace nel generare suspense, questa scelta stilistica potrebbe apparire eccessivamente lenta e meditativa a un pubblico in cerca di emozioni più immediate.

Non si può inoltre trascurare l’aspetto della caratterizzazione dei personaggi. Se da un lato essi incarnano in modo efficace diverse tipologie sociali, dall’altro le loro individualità e i loro vissuti personali rimangono celati dietro un velo di enigmaticità. Pur comprendendo la scelta autoriale di privilegiare la critica sociale, si avverte la mancanza di un’indagine più approfondita nella psicologia dei protagonisti, che avrebbe potuto conferire maggiore spessore e complessità all’opera.

Ospiti seduti al tavolo

Da un punto di vista tecnico, la pellicola si distingue per una fotografia di notevole impatto. L’uso sapiente di toni scuri e ombre profonde contribuisce a creare un’atmosfera suggestiva e opprimente, sebbene talvolta risulti un tantino cupa. La colonna sonora, con le sue melodie inquietanti, amplifica ulteriormente il senso di disagio e di suspense che pervade la narrazione.

“The Menu” non si limita a intessere una trama avvincente e una satira sociale di mordace acutezza, ma si eleva a opera cinematografica di pregevole fattura anche grazie all’attenzione certosina rivolta agli aspetti tecnici, i quali concorrono in modo determinante alla creazione di un’atmosfera perturbante e claustrofobica.

La fotografia, sapientemente orchestrata da Peter Deming, si erge a elemento cardine nella costruzione dell’atmosfera filmica. L’immagine, caratterizzata da una tavolozza cromatica intensa e da un sapiente gioco di luci e ombre, evoca un senso di claustrofobia e mistero, immergendo lo spettatore in un’aura di opprimente oscurità. L’uso sapiente del chiaroscuro enfatizza i contrasti e crea un’interazione di luci e ombre che sottolinea l’ambiguità morale dei personaggi e l’intensificazione della storia. Il ristorante Hawthorn, con i suoi interni essenziali e un’illuminazione soffusa, diventa un palco per un dramma inquietante, mentre i panorami esterni dell’isola, avvolti nella nebbia e nell’oscurità, intensificano una sensazione di solitudine e angoscia.

Anche il montaggio, curato da Christopher Tellefsen, gioca un ruolo fondamentale nel determinare il ritmo e la suspense del film. Il cambio tra inquadrature brevi e lunghe, particolari e campi lunghi, contribuisce a mantenere elevata la suspense e a guidare lo spettatore nelle diverse fasi del sinistro banchetto. Il montaggio parallelo, inoltre, unisce le azioni dei personaggi con i preparativi culinari, svelando progressivamente il perfido progetto dello chef Slowik.

Piatto con rocce ed erbette dell'isola

Infine, la musica, creata da Colin Stetson, intensifica la sensazione di disagio e inquietudine che permea il film. Le sonorità, contraddistinte da melodie dissonanti e atmosfere oscure, accompagnano le immagini con una certa discrezione, evidenziando i momenti di tensione e creando un paesaggio sonoro che aiuta a rendere l’esperienza ancora più inquietante.

In conclusione, gli elementi tecnici di “The Menu” sono realizzati con notevole maestria e giocano un ruolo cruciale nel generare un film con forte impatto visivo ed emotivo.

Insomma, “The Menu” è come un soufflé: può affascinare e disgustare allo stesso tempo. Non vuole solo intrattenere, ma anche provocare e far riflettere. Con una regia impeccabile, una sceneggiatura brillante e un cast stellare – Anya Taylor-Joy è semplicemente straordinaria, e bellissima, nei panni di Margot – il film ci offre un’esperienza indimenticabile, un viaggio sensoriale ed emotivo che ci lascerà un retrogusto amaro, come un piatto prelibato ma avvelenato.

Consigliato a:

  • Chi ama i thriller psicologici con un tocco di satira.
  • Chi cerca film che fanno riflettere sulla società.
  • Chi apprezza le interpretazioni intense e le atmosfere inquietanti.

Sconsigliato a:

  • Chi vuole solo azione e colpi di scena.
  • Chi preferisce storie con personaggi più approfonditi.
  • Chi si impressiona facilmente con la violenza.

Trailer Ufficiale

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Jackie Chan e Ralph Macchio in Karate Kid Legends: Anticipazioni e Novità https://reviewjunkie.net/jackie-chan-e-ralph-macchio-in-karate-kid-legends-anticipazioni-e-novita/ https://reviewjunkie.net/jackie-chan-e-ralph-macchio-in-karate-kid-legends-anticipazioni-e-novita/#respond Wed, 13 Nov 2024 22:18:21 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=676 Preparatevi a un’epica riunione di leggende in “Karate Kid: Legends”!  Jackie Chan e Ralph Macchio tornano insieme sul grande schermo

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Preparatevi a un’epica riunione di leggende in “Karate Kid: Legends”Jackie Chan e Ralph Macchio tornano insieme sul grande schermo in questo nuovo capitolo della saga che ha appassionato generazioni. Cosa ci riserverà questo attesissimo film? Scopriamo insieme tutte le anticipazioni e le novità su trama, cast, personaggi e data di uscita.

Appuntamento al cinema il 29 maggio 2025Daniel LaRusso e Mr. Han tornano per un nuovo capitolo della saga che ha fatto la storia del cinema di arti marziali.

Nel film seguiremo il viaggio di Li Fong, un ragazzo cinese che, accompagnato da (forse) due guide d’eccezione,  si troverà immerso in un mondo di discipline e tradizioni millenarie,  in un’avventura che lo porterà a confrontarsi con se stesso e con culture diverse.  Ben Wang  darà vita a questo personaggio  destinato a  conquistare il pubblico  con  emozionanti  sequenze di karate e kung fu.

“Karate Kid: Legends” promette di essere un film che saprà conquistare sia i fan di vecchia data che le nuove generazioni. Unendo l’eredità della saga classica con l’energia del reboot, il film offrirà un’esperienza imperdibile per tutti coloro che amano il mondo di Karate Kid. L’attesa è alle stelle. 

L’ombra del Maestro Miyagi si estenderà anche su  “Karate Kid: Legends”Ralph Macchio,  in recenti interviste, ha sottolineato  l’importanza di preservare gli insegnamenti  del suo mentore  nella  narrazione del nuovo film.  Un omaggio al personaggio che ha ispirato generazioni e che continuerà a  influenzare il percorso di Daniel LaRusso.

Nel frattempo, possiamo solo speculare su cosa ci riserverà questo nuovo capitolo.  Riuscirà Li Fong a superare le sue sfide e a diventare una leggenda? Quale sarà il ruolo di Daniel e Mr. Han nella sua crescita?  E soprattutto, chi sarà il nemico da affrontare?

Non ci resta che pazientare e prepararci a un’esperienza epica.  “Karate Kid: Legends” si preannuncia come un evento cinematografico imperdibile, un ritorno alle origini che saprà conquistare il cuore di tutti gli appassionati di arti marziali e non solo.

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Brad Pitt superstar in un delirio di azione e humor nero – Recensione di Bullet Train https://reviewjunkie.net/brad-pitt-superstar-in-un-delirio-di-azione-e-humor-nero-recensione-di-bullet-train/ https://reviewjunkie.net/brad-pitt-superstar-in-un-delirio-di-azione-e-humor-nero-recensione-di-bullet-train/#respond Wed, 13 Nov 2024 21:41:42 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=666 ⭐⭐⭐ “Bullet Train” è un film d’azione e commedia con Brad Pitt che non si prende sul serio. David Leitch

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“Bullet Train” è un film d’azione e commedia con Brad Pitt che non si prende sul serio. David Leitch dirige un cast di personaggi folli in un treno proiettile pieno di azione, humor nero e colpi di scena. Un film divertente e adrenalinico, perfetto per staccare il cervello, ma non aspettatevi un capolavoro.

Preparatevi a un viaggio ad alta velocità dove le uniche fermate sono per raccogliere nuovi passeggeri… o per scaricare qualche cadavere! “Bullet Train” è un film che si diverte a prendere in giro le convenzioni del genere action,  con un Brad Pitt in stato di grazia che sembra essersi fatto un corso accelerato di arti marziali e di battute sarcastiche.

David Leitch, il regista che ha trasformato Keanu Reeves in una macchina da guerra in “John Wick”, qui si supera. Le scene di combattimento sono coreografate con una precisione chirurgica (anche se i chirurghi in questo film non se la passano molto bene…), e lo stile di regia è così dinamico che vi verrà il mal di mare anche se siete seduti sul divano.  E non parliamo dei combattimenti corpo a corpo:  Brad Pitt che mena le mani come se non ci fosse un domani è uno spettacolo da non perdere,  soprattutto quando si ritrova a usare una bottiglia d’acqua come arma letale.  Geniale!

Ma non temete, “Bullet Train” non è solo un film per amanti delle scazzottate. È anche una commedia nera che vi farà ridere a crepapelle, con dialoghi che sembrano scritti da Quentin Tarantino dopo una maratona di film di Bud Spencer e Terence Hill.  E i personaggi? Un vero e proprio zoo di figure strampalate e sopra le righe.

Lemon e Tangerine intenti a fissare lo spettatore

C’è Lemon, un killer con la fissazione per “Thomas la locomotiva” (sì, avete capito bene), che analizza le persone in base al personaggio del cartone animato a cui assomigliano.  E il suo gemello Tangerine,  che sembra uscito da un film di Guy Ritchie,  con la sua parlantina e il suo fare da duro.  E poi c’è Prince, la dolce e innocente ragazzina che si rivela essere una psicopatica senza scrupoli.  Insomma,  un cast di pazzi scatenati che vi faranno dubitare della vostra sanità mentale.  Ah, e non dimentichiamoci di Bad Bunny,  che nel ruolo del Lupo ci regala un’interpretazione intensa e commovente (forse un po’ troppo per un film del genere,  ma chi siamo noi per giudicare?).

Avete mai desiderato fare un viaggio in treno indimenticabile?  “Bullet Train” vi offre questa possibilità,  ma  attenzione:  il  biglietto  è  di  sola  andata!  A  bordo  di  questo  treno  proiettile  giapponese,  un  gruppo  di  killer  si  sfida  in  una  serie  di  scontri  all’ultimo  sangue.  L’ambientazione  è  claustrofobica  e  adrenalinica,  e  i  colpi  di  scena  sono  sempre  in  agguato.  Insomma,  un  viaggio  che  vi  terrà  con  il  fiato  sospeso  fino  all’ultima  fermata.

Tra una sparatoria e una battuta sardonica, “Bullet Train” riesce a stupirci anche con qualche spunto di riflessione sulla vita e sul destino. I personaggi, pur essendo un concentrato di follia e imprevedibilità, ci ricordano che siamo tutti in cammino verso una forma di redenzione, che si tratti di affrontare i fantasmi del passato, di cercare la pace interiore o di trovare il proprio posto nel mondo. E forse, proprio come Ladybug (Brad Pitt) impara a fare con la sua “sfortuna”, anche noi dovremmo imparare ad accettare l’imprevedibilità della vita e a lasciar andare le nostre ossessioni. Insomma, “Bullet Train” non è solo un film divertente, ma anche un piccolo viaggio filosofico a bordo di un treno proiettile.

Prince che finge di essere spaventata

Un plauso anche alla colonna sonora di Dominic Lewis,  che con la sua energia e varietà accompagna in modo perfetto le avventure dei personaggi a bordo del treno.  Non  mi  aspettavo  un  mix  così  vario  e  originale,  che  spazia  dal  rock  alla  musica  tradizionale  giapponese.  E  devo  dire  che  ci  sta  alla  grande,  perché  contribuisce  a  creare  un’atmosfera  unica  e  coinvolgente.

Tuttavia,  qualche nota stonata c’è.  Yuichi e suo padre,  pur essendo interpretati da attori di talento,  finiscono per essere un po’ troppo stereotipati.  Sembrano usciti da un  vecchio  film  di  samurai,  con  il  loro  codice  d’onore  e  la  loro  sete  di  vendetta.  Anche  Morte  Bianca,  il  boss  della  mafia  russa,  è  un  po’  una  caricatura,  con  il  suo  aspetto  minaccioso  e  il  suo  accento  forzato.  Infine,  pur  apprezzando  la  scena  finale  con  Lemon  che  guida  il  furgone  dei  mandarini,  non  posso  nascondere  una  certa  delusione  per  la  fine  di  Prince.  Un  personaggio  così  interessante  avrebbe  meritato  un  destino  migliore.

Nel  complesso,  “Bullet  Train”  è  un  buon  film,  ma  non  un  capolavoro.  Con  qualche  accorgimento  in  più,  avrebbe  potuto  essere  un  vero  e  proprio  cult.  Ma  ehi,  chi  se  ne  frega?  L’importante  è  divertirsi,  no?

Consiglierei  questo  film  a:

  • Chi ama i film d’azione con una spolverata di umorismo nero e personaggi fuori di testa.
  • Chi non si spaventa di fronte a un po’ di sana follia e a qualche situazione assurda.
  • Chi apprezza i film con un ritmo frenetico e una trama ricca di sorprese.

Non  consiglierei  questo  film  a:

  • Chi cerca un film d’azione serio e realistico, con una trama profonda e personaggi psicologicamente complessi.
  • Chi non ha un buon senso dell’umorismo e si scandalizza facilmente.
  • Chi soffre di mal di mare e non sopporta i treni ad alta velocità.

Trailer Italiano

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Jolt: La rabbia femminile che scuote il sistema (recensione) https://reviewjunkie.net/jolt-la-rabbia-femminile-che-scuote-il-sistema-recensione/ https://reviewjunkie.net/jolt-la-rabbia-femminile-che-scuote-il-sistema-recensione/#respond Mon, 11 Nov 2024 21:56:47 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=656 ⭐⭐⭐ In “Jolt”, Kate Beckinsale interpreta Lindy Lewis, una donna che lotta contro un disturbo esplosivo intermittente. Il film solleva

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In “Jolt”, Kate Beckinsale interpreta Lindy Lewis, una donna che lotta contro un disturbo esplosivo intermittente. Il film solleva interrogativi sulla percezione sociale della rabbia femminile, evidenziando un doppio standard nel modo in cui la società reagisce alla rabbia femminile rispetto a quella maschile.

Lindy Lewis (una straordinaria Kate Beckinsale) soffre di un disturbo esplosivo intermittente: la minima provocazione scatena in lei una furia incontenibile. Per controllarsi, indossa un giubbotto elettroshock, una gabbia per la sua rabbia. Ma sotto questa corazza, Lindy è una donna fragile che desidera solo una vita normale. Kate Beckinsale riesce a rendere appieno la complessità di questo personaggio combattuto.

Jolt” non si limita a essere un action movie adrenalinico con una protagonista badass. “Jolt” va oltre la semplice azione e propone una critica al modo in cui la società affronta la rabbia, in particolare quella femminile. Lindy, costretta a reprimere la propria rabbia, rappresenta la frustrazione di molte donne che si sentono soffocate da un mondo che le vuole docili e sottomesse. “Jolt” denuncia questa ingiustizia, mostrando come la rabbia femminile venga vista come una pericolosa anomalia, mentre la violenza maschile è spesso tollerata o persino glorificata. Un doppio standard che il film ci invita a mettere in discussione.

Jolt” non è solo un film di botte e sparatorie. È anche un’opera che sa usare il linguaggio cinematografico per amplificare le emozioni e le tematiche della storia. “Jolt” è un film che pulsa di energia, e gran parte del merito va alla regia di Tanya Wexler, che riesce a dimostrare grande versatilità nella regia, passando con disinvoltura dalle scene d’azione più concitate ai momenti di introspezione più delicati. I combattimenti sono coreografati con maestria e ripresi con uno stile frenetico che ci tiene incollati allo schermo. Ma la regista sa anche creare atmosfere suggestive e intime, giocando con luci e ombre per dare profondità ai personaggi e alle loro emozioni.

E come dimenticare la colonna sonora? Un elemento fondamentale per creare l’atmosfera adrenalinica e al tempo stesso emozionante di “Jolt“. Dominic Lewis, compositore britannico noto per il suo lavoro in film come “Money Monster”, firma una soundtrack eclettica e coinvolgente. Sonorità orchestrali epiche si alternano a ritmi elettronici e rock. Brani come “Far from Normal” e “Bathroom Bitch” accompagnano con perfetta sincronia le esplosioni di rabbia e i momenti di tensione del film. Contribuendo a creare un’esperienza audiovisiva davvero immersiva.

Jolt” ci cattura fin da subito, trascinandoci in una spirale di violenza e vendetta insieme a Lindy. Pur non presentando una trama particolarmente originale, il film riesce a intrattenere e a far riflettere su temi importanti come la rabbia femminile e il doppio standard della società. Pur essendo un film godibile, “Jolt” presenta qualche debolezza nella caratterizzazione dei personaggi secondari, che risultano un po’ stereotipati. Il finale aperto, invece di chiudere il cerchio narrativo, sembra quasi un escamotage per aprire la strada a un sequel non necessario.

In definitiva, “Jolt” è un film che intrattiene con intelligenza e offre spunti di riflessione non banali. Pur non essendo esente da difetti, come una certa prevedibilità nella trama e personaggi secondari poco approfonditi, il film riesce a distinguersi. Grazie a un’ottima interpretazione di Kate Beckinsale, scene d’azione ben coreografate e una critica sociale sottile ma efficace.

Jolt” è un film consigliato a:

  • Amanti del genere action, in cerca di un film con una protagonista femminile forte e scene di combattimento spettacolari.
  • Chi apprezza le commedie nere con un tocco di humor sarcastico.
  • Spettatori interessati a film che offrono spunti di riflessione sulla società e sul ruolo delle donne.

Jolt” potrebbe non piacere a:

  • Chi cerca un film d’azione con una trama originale e imprevedibile.
  • Chi preferisce film con personaggi secondari ben sviluppati e approfonditi.
  • Chi è infastidito dalla violenza, anche se non eccessiva.

Trailer Ufficiale

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Crowe e Gosling scatenati: Recensione di “The Nice Guys”, un’avventura negli anni ’70 https://reviewjunkie.net/crowe-e-gosling-scatenati-recensione-di-the-nice-guys-unavventura-negli-anni-70/ https://reviewjunkie.net/crowe-e-gosling-scatenati-recensione-di-the-nice-guys-unavventura-negli-anni-70/#respond Sun, 10 Nov 2024 16:50:42 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=635 ⭐⭐⭐⭐ Se cercate un film che vi faccia ridere, vi tenga con il fiato sospeso e vi faccia fare un

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Se cercate un film che vi faccia ridere, vi tenga con il fiato sospeso e vi faccia fare un tuffo nel passato, “The Nice Guys” è quello che fa per voi. Russell Crowe e Ryan Gosling sono irresistibili in questa commedia d’azione ambientata nella Los Angeles degli anni ’70.

Healy e March in una macchina d'epoca

Ah, gli anni ’70! Se pensate a quegli anni come a un periodo di pace e amore, beh, vi sbagliate di grosso. Shane Black, con “The Nice Guys” (2016), ci mostra il lato oscuro di quell’epoca, quello fatto di corruzione, violenza e segreti inconfessabili. E lo fa con uno stile che spacca, mescolando azione, commedia e noir come solo lui sa fare.

La trama? Beh, diciamo che non è proprio una passeggiata al parco. Amelia, una ragazza che recita in film per adulti, scompare nel nulla. Healy e March, due investigatori privati che più diversi non si può, si ritrovano a collaborare per risolvere il caso. Peccato che le cose si complichino in fretta, e i nostri eroi si trovino invischiati in una rete di intrighi e pericoli.

Black è un maestro nel giocare con le aspettative del pubblico. In “The Nice Guys” ci porta su una giostra di colpi di scena, false piste e personaggi ambigui, tenendoci incollati alla poltrona fino all’ultimo minuto. E come se non bastasse, ci immerge completamente nell’atmosfera degli anni ’70, con una ricostruzione maniacale di Los Angeles e dei suoi abitanti.

Crowe e Gosling sono una coppia formidabile. Crowe, nei panni del duro Healy, è sempre una garanzia. Gosling, invece, ci regala un’interpretazione esilarante di March, l’investigatore sfigato e fifone. Uno dei personaggi più riusciti è Holly, la figlia di March. Una ragazzina che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e che, a modo suo, aiuta il padre a risolvere il caso. Insomma, “The Nice Guys” è un film che vi conquisterà con la sua storia, i suoi personaggi e le sue atmosfere.

A proposito di forza bruta, sembra che Crowe non abbia dimenticato come si mena, dai tempi de “Il Gladiatore”! Ogni pugno sferrato da Healy è un piccolo omaggio al Massimo Decimo Meridio che è in lui.

E insomma, che dire di “The Nice Guys”? Beh, preparatevi a un bel mix di risate, azione e qualche riflessione che non guasta mai. Black è un genio nel mescolare i generi, e qui ci regala un cocktail esplosivo di commedia, azione e noir. E non pensate che sia uno di quei film impegnati e noiosi, eh! La critica sociale c’è, ma è ben nascosta tra le pieghe della storia, e ti fa pensare senza prenderti troppo sul serio. Insomma, “The Nice Guys” è uno di quei film che ti lasciano soddisfatto, con la voglia di rivederlo per cogliere tutti i dettagli e goderti ancora una volta le performance di questo cast stellare.

Consiglierei questo film a:

  • Chi ama le commedie d’azione con dialoghi brillanti e personaggi memorabili.
  • Chi apprezza le ambientazioni retrò e la cura dei dettagli.
  • Chi cerca un film che sappia divertire e allo stesso tempo far riflettere.

Non consiglierei questo film a:

  • Chi cerca un film d’azione puro, con scene spettacolari e violenza gratuita.
  • Chi non apprezza l’umorismo a volte sopra le righe e politicamente scorretto.
  • Chi preferisce trame lineari e prive di ambiguità morali.

Trailer Ufficiale

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La bellezza decadente di Fallout: Recensione e riflessioni https://reviewjunkie.net/la-bellezza-decadente-di-fallout-recensione-e-riflessioni/ https://reviewjunkie.net/la-bellezza-decadente-di-fallout-recensione-e-riflessioni/#respond Sat, 09 Nov 2024 20:28:44 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=613 ⭐⭐⭐⭐⭐ Automobili cromate, diner abbandonati e robot impazziti: benvenuti nel mondo di Fallout, la serie TV che reinterpreta l’estetica vintage

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Automobili cromate, diner abbandonati e robot impazziti: benvenuti nel mondo di Fallout, la serie TV che reinterpreta l’estetica vintage in chiave post-apocalittica. Un’esperienza visiva e sonora indimenticabile, che vi lascerà a bocca aperta. Scopri di più nella nostra recensione.

Ambientazione Retro-Futuristica

Fallout, serie TV di Amazon Prime Video, non vi deluderà. Lo spettatore, pur non conoscendo a fondo il videogioco, si ritrova immediatamente incuriosito da questo show e dal suo mondo, rimanendone piacevolmente sorpreso. L’estetica, curata nei minimi dettagli, trasporta lo spettatore in un futuro immaginato con gli occhi del passato, un’esperienza sensoriale unica e indimenticabile.

Fin dai primi istanti, lo spettatore viene trasportato in un’America sospesa nel tempo. Le melodie vintage che escono dalle radio a transistor avvolgono con un senso di familiarità, mentre i neon scintillanti delle insegne sbiadite dei diner creano un’atmosfera onirica e surreale. L’odore di cibo in scatola e disinfettante che aleggia nei Vault ricorda un passato idealizzato, un’epoca di prosperità e ottimismo che fa da contraltare alla desolazione del presente.

La serie è un’esplosione di colori pastello, forme arrotondate e tecnologie obsolete che riportano agli anni ’50 e ’60. Le cucine superaccessoriate, con i loro frigoriferi bombati e le tostapane cromate, sembrano uscite da una pubblicità dell’epoca, mentre le automobili dalle pinne affilate e le livree sgargianti solcano le strade deserte come fantasmi di un passato glorioso.

Creatura mutante

Ma questo mondo apparentemente idilliaco è solo una facciata. Sotto la patina di ottimismo vintage si nasconde una realtà cruda e spettrale. Le rovine di Fallout sono un vero pugno nello stomaco. Non sono solo case e palazzi distrutti, ma pezzi di storia andati in frantumi.

Si cammina in mezzo a strade vuote, dove le uniche macchine sono rottami arrugginiti con la vernice scrostata. Insegne luminose, che una volta promettevano chissà cosa, ora sono solo pezzi di ferro storti e mezzi spenti.

Edifici altissimi, che prima erano il simbolo di una città piena di vita, adesso sono solo scheletri grigi che graffiano il cielo. Anche i robot, che dovevano aiutare le persone, sono diventati rottami inutili che vagano senza senso.

E poi ci sono i mostri… creature spaventose e deformi, nate dalle radiazioni, che si nascondono in ogni angolo. Fanno venire i brividi solo a guardarli.

Tutto questo fa sentire piccoli e fragili, fa capire quanto la vita sia appesa a un filo in questo mondo distrutto.

Robot retrò

Anche in un mondo devastato dalla guerra, la musica può essere un faro di speranza. In Fallout, le allegre melodie degli anni ’50 si insinuano tra le macerie, portando un messaggio di ottimismo e di rinascita. Un contrappunto emozionante alla desolazione del paesaggio, che ricorda la forza dello spirito umano.

Lucy, la protagonista, è una ragazza che non ha mai visto il mondo esterno. Cresciuta in un bunker, quando finalmente esce si ritrova catapultata in una realtà completamente diversa. La sua reazione è un mix di stupore e timore reverenziale: il sole sulla pelle, il vento tra i capelli, il profumo della terra… ogni cosa è una scoperta incredibile. Ma Lucy non è solo una ragazza ingenua. È anche forte e coraggiosa, e affronta i pericoli del mondo esterno con una determinazione che sorprende.

Fallout è un’esperienza che scuote e commuove. La serie ci immerge in un mondo post-apocalittico desolante, ma allo stesso tempo ci mostra la tenacia e la resilienza dello spirito umano di fronte alla tragedia.

Preparatevi a un viaggio emozionante! Fallout vi trasporterà in un mondo post-apocalittico dove le emozioni sono amplificate all’estremo. Paura, rabbia e speranza si intrecciano in un turbinio di sensazioni che vi accompagneranno a lungo.

Lucy - La protagonista

Non dimenticherò facilmente l’esperienza di Fallout. Le atmosfere cupe e suggestive, i paesaggi desolati ma al tempo stesso affascinanti, mi hanno portato a riflettere sul futuro che stiamo costruendo e sul nostro posto nel mondo.

A chi consiglio Fallout?

  • A chi ama le storie di fantascienza e i mondi post-apocalittici.
  • A chi cerca una serie con personaggi forti e una trama avvincente.
  • A chi vuole guardare qualcosa di diverso, che faccia riflettere e che emozioni.

A chi NON consiglio Fallout?

  • A chi cerca una serie leggera e divertente, Fallout è una serie con temi forti e scene violente.
  • A chi non ama i mostri e le creature strane, in Fallout ce ne sono parecchi!
  • A chi si aspetta una copia esatta del videogioco, la serie prende alcune libertà creative.

Trailer Italiano

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Altered Carbon: un viaggio tra corpi vuoti e anime immortali https://reviewjunkie.net/altered-carbon-un-viaggio-tra-corpi-vuoti-e-anime-immortali/ https://reviewjunkie.net/altered-carbon-un-viaggio-tra-corpi-vuoti-e-anime-immortali/#respond Thu, 07 Nov 2024 21:15:53 +0000 https://reviewjunkie.net/?p=583 ⭐⭐⭐ Un futuro distopico, corpi intercambiabili e una tecnologia che sfida la morte. “Altered Carbon” ci porta in un viaggio

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Un futuro distopico, corpi intercambiabili e una tecnologia che sfida la morte. “Altered Carbon” ci porta in un viaggio cyberpunk ricco di azione, intrighi e passioni proibite.

“Altered Carbon” è una serie Netflix che ci porta dritti nel cuore di un futuro cyberpunk, ispirato ai romanzi di Richard K. Morgan. Immaginate un mondo dove la morte è stata sconfitta, almeno per i più ricchi.

Bay City

La storia si svolge nella Bay City del 2384, una versione futuristica e distorta di San Francisco. Grattacieli altissimi si innalzano verso il cielo plumbeo, mentre le strade sono un labirinto di luci al neon e insegne olografiche. L’aria è densa di smog e odori chimici, un mix nauseabondo di profumo cheap e pioggia acida.

Bay City è una città di contrasti, divisa tra l’opulenza sfrenata dei Matusalemme, che vivono in torri dorate, e la miseria dei comuni mortali, costretti a sopravvivere nelle zone basse della città. In questo scenario decadente e affascinante, seguiamo le vicende di Takeshi Kovacs, un ex soldato riportato in vita dopo 250 anni. Kovacs si risveglia in una nuova “custodia”, un corpo che non gli appartiene, con una missione pericolosa da compiere.

La sua missione? Risolvere l’omicidio di Laurens Bancroft, un riccone immortale, qui vengono chiamati “Matusalemme” (Mat), individui la cui coscienza è stata digitalizzata e resa eterna grazie alla tecnologia delle “pile corticali”. Praticamente, un upgrade niente male rispetto al solito backup su iCloud!

Kovacs e Matt

La prima stagione è un vero e proprio pugno nello stomaco. Trama avvincente, colpi di scena a ogni angolo e personaggi indimenticabili che ti si stampano in testa. Kovacs, con il suo passato da ribelle, un sarcasmo affilato come una katana e un codice morale ambiguo, è un protagonista con i controfiocchi. Joel Kinnaman lo interpreta alla grande, con quell’aria da duro e quello sguardo tormentato che non guasta mai. Al suo fianco troviamo la detective Kristin Ortega, interpretata dalla bellissima Martha Higareda. Tra i due l’attrazione è palpabile fin da subito, e non ci metterà molto a trasformarsi in passione. Preparatevi, perché Kristin Ortega saprà regalarci momenti incredibilmente hot!

“Altered Carbon” non è solo esplosioni, sparatorie e inseguimenti tra i grattacieli di Bay City. Sotto la superficie scintillante di effetti speciali e azione cyberpunk, si nasconde una riflessione profonda su cosa significhi essere umani in un mondo dove la tecnologia ha ridefinito i confini della vita e della morte.

Kovacs e Ortega

La serie ci catapulta in un futuro dove la mortalità è diventata una questione di classe sociale. I ricchi, grazie alle pile corticali, possono trasferire la loro coscienza in nuovi corpi, “custodie” di lusso, e vivere praticamente in eterno. Ma cosa succede a chi non può permettersi questo privilegio? “Altered Carbon” ci mostra il lato oscuro di questa immortalità a due velocità, un mondo diviso tra l’élite dei Matusalemme, che si crogiolano nel loro potere senza fine, e la massa dei “mortali”, condannati a una vita precaria e spesso violenta.

E in mezzo a questa inquietante distopia, la serie ci spinge a interrogarci sul valore della vita, sull’identità e sul confine sempre più labile tra corpo e anima. Cosa resta della nostra umanità quando possiamo cambiare involucro a piacimento? E cosa succede alla nostra anima quando il corpo diventa solo un accessorio usa e getta?

E in tutto questo, dove si colloca il nostro Kovacs? Beh, lui non è certo il tipo che se ne sta con le mani in mano. Con il suo passato da Spedi, un guerriero ribelle che ha sfidato il sistema, si ritrova invischiato in un gioco pericoloso, fatto di intrighi, tradimenti e cospirazioni. Non solo dovrà vedersela con potenti nemici che cercano di eliminarlo, ma dovrà anche fare i conti con i fantasmi del suo passato, con le scelte difficili e i traumi che lo tormentano.

La seconda stagione, però, è un po’ come un aggiornamento software andato male. Anthony Mackie prende il posto di Kinnaman nei panni di Kovacs, e, diciamocelo, il cambio di custodia non è dei migliori. Mackie è un bravo attore, ma manca di quella grinta e di quel cinismo che facevano di Kovacs un personaggio così iconico. È come se avessero trasferito la sua pila corticale in una custodia di seconda mano, un po’ difettosa.

Trent’anni sono passati dalla prima stagione, e “Altered Carbon” ci porta su Harlan’s World, il pianeta natale di Kovacs. È qui che spera di ritrovare Quellcrist Falconer (Renée Elise Goldsberry), il suo grande amore e leader degli Spedi. La sua scomparsa lo tormenta ancora, e non si darà pace finché non avrà scoperto la verità.

Harlan’s World però non è il paradiso che Kovacs ricordava. Conflitti e tensioni dilaniano il pianeta, e l’atmosfera è pesante, quasi irrespirabile. Le foreste pluviali, un tempo rigogliose, sono ora segnate da incendi e cicatrici, mentre l’aria è satura dell’odore acre di fumo e polvere da sparo. Kovacs si ritrova subito in pericolo, braccato da nuovi nemici, come il colonnello Carrera, un militare spietato che sembra uscito da un incubo.

Quellchrist Falconer

Fortunatamente, Kovacs non è solo. Incontra Trepp, una cacciatrice di taglie tosta e indipendente, che si rivelerà una preziosa alleata. Trepp è un personaggio che ho apprezzato molto: coraggiosa, leale e con un senso dell’umorismo tagliente. Peccato che non abbia avuto più spazio nella serie!

A questo punto, devo ammettere che la seconda stagione mi ha un po’ deluso. La trama, a tratti confusa, non mi ha convinto del tutto. Le sottotrame non sono sempre interessanti, e alcuni nuovi personaggi, come Carrera, sono stereotipati e poco approfonditi. Anche l’azione, pur essendo spettacolare, non riesce a compensare la mancanza di quella complessità e di quel guizzo narrativo che avevano reso la prima stagione così speciale.

Nonostante i difetti della seconda stagione, “Altered Carbon” resta una serie che consiglio a tutti gli amanti della fantascienza cyberpunk e delle atmosfere alla Blade Runner. La prima stagione è un capolavoro, da 4/5 stelle. La seconda, un po’ meno, ma comunque godibile, da 3/5 stelle.

Consigliata a chi:

  • Ama la fantascienza cyberpunk e le atmosfere alla Blade Runner.
  • Gradisce le trame complesse e i personaggi sfaccettati.
  • Non è alla ricerca di una serie leggera e spensierata.

Sconsigliata a chi:

  • Si scandalizza facilmente.
  • Preferisce le storie d’amore sdolcinate (qui si parla di tutt’altro!).
  • Si annoia con le riflessioni filosofiche (preparatevi a usare il cervello!).

Trailer ufficiale

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