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Film

The Menu: Recensione al vetriolo di una società affamata

⭐⭐⭐⭐

“The Menu” è un thriller con Anya Taylor-Joy e Ralph Fiennes, ambientato in un ristorante esclusivo su un’isola. Un gruppo di ricchi e superficiali commensali partecipa a una cena degustazione che si trasforma in un incubo, orchestrato dallo chef per vendicarsi dell’élite che ha corrotto la sua arte. Il film è una satira sociale che critica l’ossessione per il lusso e la decadenza morale, servita con un ritmo lento e un’atmosfera claustrofobica.

“The Menu” non è il solito thriller con qualche prelibatezza gourmet buttata lì per fare scena. No, qui si va più a fondo. È un film che utilizza gli elementi dell’horror e della commedia nera per cucinare una satira sociale che ti rimane sullo stomaco. Il contesto, un ristorante di alta classe su un’isola deserta, appare claustrofobico e inquietante. Il regista, Mark Mylod, ci porta a cena in questo posto, ma non aspettatevi un menu à la carte. Qui si serve solo un macabro banchetto dove ogni piatto è una metafora delle storture della nostra società.

Il film, simile a un coltello affilato, rivela le contraddizioni di una società ossessionata dall’immagine, dal trionfo e dalla ricchezza. I clienti del ristorante Hawthorn, un insieme di persone benestanti e superficiali, rappresentano varie categorie sociali che il film analizza senza pietà: l’arrogante imprenditore, la critica culinaria cinica e snob, la coppia disillusa in cerca di avventure intense, e gli speculatori senza scrupoli. Ciascuno di loro, con i propri difetti e le proprie falsità, aiuta a formare un quadro grottesco di un’élite che ha smarrito il legame con la realtà.

Attraverso le portate del menu, elaborate con un’estetica curata e una scrupolosa attenzione ai particolari, il film rivela il vuoto esistenziale che si nasconde dietro la facciata del successo. Ogni piatto, un capolavoro della cucina molecolare, simboleggia una protesta contro la superficialità, l’egoismo e la corruzione morale di una classe sociale che nutre sé stessa con illusioni. Il cibo, da simbolo di felicità e incontro, si trasforma in strumento di contestazione, un rappresentante delle ambiguità di un universo dove l’apparenza prevale sulla realtà.

Ma “The Menu” supera la mera critica al consumismo e all’ostentazione, indagando anche il ruolo dell’artista all’interno della società. Lo chef Slowik, interpretato da un eccellente Ralph Fiennes, è un individuo angustiato, un creativo che ha rinunciato alla sua arte per ottenere successo e fama. La sua cucina, inizialmente simbolo di inventiva e abilità, diventa un mezzo di vendetta nei confronti di chi, a suo avviso, ha giocato un ruolo nella corruzione del settore gastronomico. Slowik, simile a un moderno Frankenstein, realizza mostri gastronomici per vendicarsi dei suoi “creatori”, quelli che hanno convertito la sua arte in un bene di consumo.

Lo chef Slowik

Grazie ai dialoghi penetranti e alle interpretazioni coinvolgenti degli attori, “The Menu” ci spinge a considerare l’importanza dell’arte, l’essenza del cibo e il nostro ruolo personale in un contesto che frequentemente favorisce l’apparenza a discapito del contenuto. Il film ci avverte che perseguire la perfezione a ogni costo può portare alla follia, e che la vera gioia si trova nella semplicità e nell’autenticità. In questa circostanza, il cheeseburger scelto da Margot, un piatto classico e “semplice”, si trasforma in un emblema di ribellione contro la complicatezza e l’artificiosità del mondo della cucina gourmet.

Bisogna premettere che “The Menu” non è un’opera per tutti i gusti. La sua natura contemplativa e il ritmo cadenzato, volutamente disteso, potrebbero disorientare chi si attende un crescendo adrenalinico di colpi di scena. L’obiettivo del regista, infatti, non risiede tanto nell’incalzare degli eventi, quanto nella costruzione di un’atmosfera rarefatta e perturbante, che avvolge lo spettatore in una morsa claustrofobica sempre più stringente. Pur efficace nel generare suspense, questa scelta stilistica potrebbe apparire eccessivamente lenta e meditativa a un pubblico in cerca di emozioni più immediate.

Non si può inoltre trascurare l’aspetto della caratterizzazione dei personaggi. Se da un lato essi incarnano in modo efficace diverse tipologie sociali, dall’altro le loro individualità e i loro vissuti personali rimangono celati dietro un velo di enigmaticità. Pur comprendendo la scelta autoriale di privilegiare la critica sociale, si avverte la mancanza di un’indagine più approfondita nella psicologia dei protagonisti, che avrebbe potuto conferire maggiore spessore e complessità all’opera.

Ospiti seduti al tavolo

Da un punto di vista tecnico, la pellicola si distingue per una fotografia di notevole impatto. L’uso sapiente di toni scuri e ombre profonde contribuisce a creare un’atmosfera suggestiva e opprimente, sebbene talvolta risulti un tantino cupa. La colonna sonora, con le sue melodie inquietanti, amplifica ulteriormente il senso di disagio e di suspense che pervade la narrazione.

“The Menu” non si limita a intessere una trama avvincente e una satira sociale di mordace acutezza, ma si eleva a opera cinematografica di pregevole fattura anche grazie all’attenzione certosina rivolta agli aspetti tecnici, i quali concorrono in modo determinante alla creazione di un’atmosfera perturbante e claustrofobica.

La fotografia, sapientemente orchestrata da Peter Deming, si erge a elemento cardine nella costruzione dell’atmosfera filmica. L’immagine, caratterizzata da una tavolozza cromatica intensa e da un sapiente gioco di luci e ombre, evoca un senso di claustrofobia e mistero, immergendo lo spettatore in un’aura di opprimente oscurità. L’uso sapiente del chiaroscuro enfatizza i contrasti e crea un’interazione di luci e ombre che sottolinea l’ambiguità morale dei personaggi e l’intensificazione della storia. Il ristorante Hawthorn, con i suoi interni essenziali e un’illuminazione soffusa, diventa un palco per un dramma inquietante, mentre i panorami esterni dell’isola, avvolti nella nebbia e nell’oscurità, intensificano una sensazione di solitudine e angoscia.

Anche il montaggio, curato da Christopher Tellefsen, gioca un ruolo fondamentale nel determinare il ritmo e la suspense del film. Il cambio tra inquadrature brevi e lunghe, particolari e campi lunghi, contribuisce a mantenere elevata la suspense e a guidare lo spettatore nelle diverse fasi del sinistro banchetto. Il montaggio parallelo, inoltre, unisce le azioni dei personaggi con i preparativi culinari, svelando progressivamente il perfido progetto dello chef Slowik.

Piatto con rocce ed erbette dell'isola

Infine, la musica, creata da Colin Stetson, intensifica la sensazione di disagio e inquietudine che permea il film. Le sonorità, contraddistinte da melodie dissonanti e atmosfere oscure, accompagnano le immagini con una certa discrezione, evidenziando i momenti di tensione e creando un paesaggio sonoro che aiuta a rendere l’esperienza ancora più inquietante.

In conclusione, gli elementi tecnici di “The Menu” sono realizzati con notevole maestria e giocano un ruolo cruciale nel generare un film con forte impatto visivo ed emotivo.

Insomma, “The Menu” è come un soufflé: può affascinare e disgustare allo stesso tempo. Non vuole solo intrattenere, ma anche provocare e far riflettere. Con una regia impeccabile, una sceneggiatura brillante e un cast stellare – Anya Taylor-Joy è semplicemente straordinaria, e bellissima, nei panni di Margot – il film ci offre un’esperienza indimenticabile, un viaggio sensoriale ed emotivo che ci lascerà un retrogusto amaro, come un piatto prelibato ma avvelenato.

Consigliato a:

  • Chi ama i thriller psicologici con un tocco di satira.
  • Chi cerca film che fanno riflettere sulla società.
  • Chi apprezza le interpretazioni intense e le atmosfere inquietanti.

Sconsigliato a:

  • Chi vuole solo azione e colpi di scena.
  • Chi preferisce storie con personaggi più approfonditi.
  • Chi si impressiona facilmente con la violenza.

Trailer Ufficiale